Supporto alla genitorialità

9 ott 2020
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La scorsa settimana ho avuto il piacere di partecipare a due webinar sul coordinatore genitoriale (Co.Ge.), una figura non ancora delineata nel nostro ordinamento, ma utile per affrontare i casi che nell’ambito della famiglia diventano sempre più complessi.

E la complessità non può che essere gestita con la multidisciplinarietà, ovvero con professionisti di diversi ambiti che permettono di leggere la realtà nella sua complessità. E’ necessario, dunque, lavorare in rete, in una rete di accoglimento delle situazioni conflittuali così che sia possibile una trasformazione del conflitto in opportunità.

Nel nostro ordinamento, però, manca un progetto per la famiglia, che eviti la frammentarietà che c’è oggi e che alimenta il conflitto.

Coordinatore genitoriale, consulente tecnico d’ufficio, terapista di coppia e individuale, assistente sociale, mediatore familiare, neuropsichiatra infantile sono tutti professionisti a sostegno delle famiglie in difficoltà, ciascuno con il proprio ambito d’intervento, ma che per funzionare non solo devono essere conosciuti e riconosciuti, ma anche saper lavorare in rete tra loro e con gli altri professionisti del diritto, quali i giudici e gli avvocati.

In questo ambito dei diritti relazionali, la giustizia ha un limite: l’autodeterminazione di ciascun genitore.

La Cassazione civile 13506 del 2015 aveva richiamato il principio di legalità, disponendo che la prescrizione ai genitori di sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale, anche se a sostegno della loro genitorialità, fosse lesivo del loro diritto alla libertà personale.

La recente Cassazione civile n.11842 del 2019, invece, prevede che sia facoltà del giudice disporre percorsi di supporto alla genitorialità (nel caso la mediazione familiare) che assicurino la tutela del superiore interesse del minore ad una crescita serena ed equilibrata, in quelle situazioni ad alta conflittualità che sono suscettibili di determinare conseguenze pregiudizievoli sulla salute psicofisica della prole.

L’art. 337ter prevede, infatti, che il giudice possa adottare “ogni altro provvedimento” nell’interesse dei figli, oltre a quello della frequentazione di ciascun genitore e a quello del mantenimento.

L’esercizio concreto di tale potere deve proteggere il preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita equilibrata e serena, tanto anche da assumere profili contenitivi dei diritti e delle libertà fondamentali dei genitori, quando questi ultimi hanno comportamenti che rechino pregiudizio ai figli.

Nelle motivazioni, la Corte richiama anche la legge sull’adozione, la quale autorizza prescrizioni penetranti nei confronti dei genitori e dei parenti per assicurare la dovuta assistenza ai minori e al fine di rimediare e superare la situazione di probabile abbandono.

Si tratta, dunque, di bilanciare due interessi e a parità di diritti, quello del figlio e quello dei genitori, l’interesse del primo prevale.

L’elevata conflittualità dei genitori reca pregiudizio ai figli per cui dovrebbe essere giustificata l’adozione di ogni misura che possa garantire la salute psico-fisica dei minori, tra cui la mediazione familiare e la coordinazione genitoriale.

Il condizionale è d’obbligo in quanto, come detto sopra, non c’è ancora chiarezza per la mediazione familiare (che è normata), figuriamoci per la coordinazione genitoriale (che non è normata).

Una cosa è certa: la maturazione spetta ai genitori e non al giudice. Ed è per questo che credo nelle forme alternative al giudizio, quale la pratica collaborativa, perchè è al di fuori del giudizio che, grazie al lavoro di profesionisti esperti, si aiutano i genitori a ritrovare la loro genitorialità.