Decesso del convivente

25 ago 2023
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Quali diritti si hanno quando muore il proprio o la propria convivente?

Ricordo che per conviventi di fatto si intendeno due persone maggiorenni unite da stabile legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o unione civile.

Con la morte del convivente, la convivenza finisce e gli aspetti da considerare sono:

1. i diritti successori

2. la pensione di reversibilità

3. la casa di comune residenza

Per quanto riguarda i diritti successori, la convivenza di fatto non attribuisce alcun diritto all’eredità per legge, diversamente dal matrimonio, salvo che il convivente deceduto non abbia fatto testamento disponendo a favore del convivente superstite. In questo caso, ovviamente, la quota di eredità che spetta al convivente non potrà superare la quota disponibile, ovvero quella parte di patrimonio che per legge rimane nella disponibilità del testatore una volta soddisfatti i legittimari (coniuge, figli e ascendenti).

Ad esempio, se il defunto ha due figli, a loro spetterà per legge la quota di 2/3 del patrimonio, per cui a favore del convivente si potrà lasciare una quota non superiore a 1/3. Diversamente, se il defunto non ha legittimari, egli potrà disporre a favore del conviente anche tutto il suo patrimonio.

La pensione di reversibilità è riconosciuta solo nel caso in cui la convivenza sia formalizzata, ovvero riconosciuta in Comune o con un contratto di convivenza, così secondo la recente giurisprudenza (Cass. n.8241/2022).

Il contratto di convivenza è quel contratto con cui i conviventi possono disciplinare i loro rapporti patrimoniali e deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da notaio o dall’avvocato.

Riguardo alla casa di comune residenza, le ipotesi sono diverse.

a) casa di proprietà esclusiva del defunto: il convivente superstite ha il diritto di abitare per due anni o per un periodo pari a quello di durata della convivenza se superiore a due anni, ma comunque non oltre i cinque anni. Se ci sono figli, invece, per un periodo non inferiore a tre anni, salvo l’assegnazione della casa da parte del giudice in sede di regolamentazione dell’affidamento dei figli.

Questo diritto vale fino a quando il convivente abita nella casa e finchè non si sposa, non contragga unione civile o non inizi altra convivenza.

Diversamente, se il convivente superstite aveva regolare contratto di locazione con il convivente defunto, proprietario della casa, gli eredi di quest’ultimo hanno l’obbligo di rispettare i termini del contratto.

b) casa in comproprietà tra i conviventi: se il convivente defunto non ha lasciato disposizioni in merito o il convivente superstite non ha la possibilità di liquidare gli eredi, ci sarà una comproprietà tra il convivente superstite e gli eredi, i quali potrebbero chiedere il pagamento di un canone di locazione o lo scioglimento della comunione.

c) casa in locazione con contratto intestato solo al defunto: il convivente superstite può succedere nel contratto di locazione, anche in caso di alloggio popolare, purchè vengano rispettate alcune condizioni, tra cui la prova della convivenza e i limiti di reddito.

Il consiglio è, dunque, quello di formalizzare la convivenza e di predisporre nel testamento a favore del convivente, quantomeno in merito al diritto di abitazione.