CONTRATTO DI CONVIVENZA

23 mar 2017
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La legge n.76 del 2016 ha disciplinato il contratto di convivenza, ovvero un contratto diretto a regolare i rapporti patrimoniali della vita in comune tra i conviventi introducendo, dunque, un nuovo tipo di contratto.
Ricordiamo che, sempre secondo la suddetta legge, per “conviventi di fatto” si intendono due persone maggiorenni (dello stesso sesso o di sesso diverso), unite stabilmente da un legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità e adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
La stesura del contratto è facoltativa e deve essere fatta in forma scritta a pena di nullità attraverso un atto pubblico o una scrittura privata autenticata. Al notaio e all’avvocato spetterà verificare la conformità dell’atto all’ordine pubblico e alle norme imperative e, di conseguenza, i professionisti dovranno accertare in primis lo stato libero di ciascuna parte contraente.
I professionisti, inoltre, dovranno entro 10 giorni trasmettere la copia al comune di residenza per l’iscrizione all’anagrafe, al fine di garantire l’opponibilità ai terzi.
Riguardo al contenuto del contratto, la legge indica i seguenti contenuti:
1. l’indicazione della residenza;
2. le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune;
3. il regime patrimoniale della comunione dei beni.
Mancano, invece, altri contenuti, quali i diritti e i doveri conseguenti alla cessazione del rapporto di convivenza, in particolare la previsione di un assegno di mantenimento per la parte debole, così come il diritto ad una quota della disponibile a favore del convivente superstite in caso di morte dell’altro.
Riguardo al punto 2, i conviventi possono prevedere in via negoziale ciò che non è previsto per legge, sulla falsa riga dell’art.143 c.c. Le parti possono, dunque, decidere la misura e la modalità della contribuzione materiale di ciascuno, così ad es. la reciproca assistenza in caso di necessità, le cause che possono giustificare un mancato contributo (la disoccupazione involontaria), il contratto di mantenimento vitalizio, la corresponsione di un contributo al mantenimento a favore del convivente più bisognoso, così come potranno regolare il diritto di abitazione del convivente non proprietario della casa ove si svolge la convivenza. Siccome il contratto non può essere sottoposto a termine o condizione, ci si interroga se prevedere dei limiti temporali all’obbligo di contribuzione rientri o meno nel divieto. Valida sarà la previsione che subordina l’obbligo di contribuzione alla durata della convivenza di fatto. La pattuizione di una durata minima di tale obbligo dovrà fare i conti con il diritto di recesso che ciascuna parte può esercitare unilateralmente, per cui sarebbe opportuno prevedere una clausola che regoli anche questa ipotesi, ovvero che il diritto di recesso non travolga l’obbligo di contribuzione nella sua durata minima.
Riguardo al punto 3, il regime della comunione sarà applicabile anche ai conviventi solo se espressamente pattuito. Una volta pattuito con le formalità richieste sarà da capire come verrà data pubblicità a questo accordo, in quanto l’iscrizione nei registri anagrafici non è sufficiente.
Inoltre, essendo previsto che i conviventi possano in qualsiasi momento modificare il contratto di convivenza, sul regime patrimoniale ci si domanda se la modifica consista nel passare da un regime di comunione a un non regime o se è possibile creare una Comunione convenzionale, ovvero attuare delle modifiche ai due regimi convenzionali, quali comunione e separazione, salvo ovviamente andare contro le norme imperative, ordine pubblico e buon costume.
Diversamente i contratti di convivenza potranno contenere altri tipi di accordi patrimoniali, quali i vincoli di destinazione ex art.2645 c.c. e l’istituzione di trust.
In caso di rottura della convivenza, sono previste delle tutele: un termine non inferiore a 90 giorni per lasciare l’abitazione, il diritto di ricevere gli alimenti in proporzione alla durata della convivenza. Ciò non toglie che i conviventi abbiano la libertà negoziale di pattuire altre garanzie a tutela del convivente debole nel caso di cessazione della convivenza, tenendo conto che comunque l’ex convivente non può avvalersi dei rimedi processuali e degli interventi cautelari previsti invece a garanzia del coniuge, ma deve adire le vie ordinarie.