La casa familiare tra assegnazione e diritto di abitazione

27 feb 2024
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L’assegnazione della casa familiare viene disposta dal giudice “tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, ex art. 337 sexies c.c.

La giurisprudenza ha individuato la casa familiare come “l’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza” (Cass. Civ. 14553 del 2011), ed, in particolare privilegiando l’interesse dei figli, tale casa deve essere “l’habitat domestico inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la casa familiare” (Cass. 10453 del 2022) e “l’ambiente domestico utile al minore” (Cass. Civ. 24106 del 2023).

Ogni decisione in merito alla casa familiare è dunque subordinata all’interesse del minore stesso, tanto che anche la convivenza more uxorio del genitore assegnatario con altra persona non è di per sé causa di cessazione dell’assegnazione della casa, diversamente da quanto disposto dall’art. 337 sexies, se il figlio ha bisogno di rimanere in quella casa (cass. Civ. 33610 del 2021, Corte cost. 30.7.2008 n. 308, anche riguardo al nuovo matrimonio). La stessa valutazione deve essere fatta nel caso di figlio maggiorenne.

L’assegnazione è, dunque, disposta dal giudice e deve essere revocata dal giudice sulla base di un giudizio di conformità o meno all’interesse del minore. Viene, quindi, definito come un diritto personale di godimento sui generis diverso dal diritto di abitazione o altro diritto reale, ma è comunque trascrivibile nei registri immobiliari.

Riguardo agli oneri:

-         l’IMU è dovuto da chi possiede immobile, ovvero il genitore assegnatario, il quale però gode dell’esenzione in quanto l’assegnazione rientra tra i casi di abitazione principale (ovvero immobile nel quale il possessore ed i componenti del nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente). Recentemente la Cassazione ha riconosciuto che anche il genitore non assegnatario ha diritto all’esenzione relativamente all’immobile dallo stesso adibito ad abitazione principale (Cass. Civ.6545/2023).

-          l’IRPEF è dovuta dal proprietario (che può non essere l’assegnatario), che dovrà dichiarare l’immobile nella propria dichiarazione dei redditi, salvo poi godere delle deduzione dal reddito della rendita catastale in quanto l’immobile è adibito a dimora abituale dei figli.

-          la TARI è dovuta da chi possiede l’immobile, ovvero il genitore assegnatario

-          gli ONERI CONDOMINIALI sono dovuti dal genitore assegnatario se riguardano le spese ordinarie, mentre dal proprietario se riguardano le spese straordinarie. Diversamente dal diritto di abitazione/usufrutto, il legittimato passivo è solo il proprietario per cui è da questo che l’amministratore del condominio può pretendere le spese condominiali tutte.

Diversamente, il diritto di abitazione è un diritto reale, regolato dal codice civile, che può essere stabilito dalle parti, ad es. negli accordi di separazione/divorzio o di regolamentazione dell’affidamento dei figli, prevedendo un termine e delle condizioni. E’ necessario rivolgersi al notaio per la sua costituzione e relativa trascrizione, ma la cessazione non ha bisogno di una valutazione a priori da parte del giudice.

Riguardo agli oneri:

-         l’IMU è dovuta da chi gode del diritto di abitazione, ma se abitazione principale vige l’esenzione

-         l’IRPEF è dovuta da chi gode del diritto di abitazione, che dovrà dichiarare l’immobile nella propria diciarazione dei redditi, salvo poi godere della deduzione in quanto sua dimora

-          la TARI è dovuta da chi possiede l’immobile, ovvero chi gode del diritto di abitazione

-          gli ONERI CONDOMINIALI sono dovuti da chi gode del diritto di abitazione se riguardano le spese ordinarie, mentre le spese straordinarie dal proprietario. Entrambi rispondono in solido, per cui l’amministratore può chiedere il tutto a uno dei due, che poi agisce in regresso nei confronti dell’altro.