E’ giusto allontanare il figlio dal genitore?

30 mar 2022
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Con la sentenza della Corte Cass. 9691 del 24 marzo 2022 (meglio conosciuta come caso Massaro), si è tornati a parlare se è giusto o sbagliato allontanare un figlio dal proprio genitore.

IL CASO. Un figlio rifiuta di vedere e frequentare il padre, che vive separato dalla madre. Il tribunale dispone la consulenza tecnica che conclude che il rifiuto del figlio dipende dal comportamento ostacolante della madre. Sulla base di questa consulenza, e senza ascoltare il minore, i giudici di primo grado e di secondo grado decidono che la soluzione per il figlio sia dichiarare la madre decaduta dalla responsabilità genitoriale e allontanarlo dalla stessa per collocarlo in una casa-famiglia. La Cassazione annulla questa decisione e rinvia di nuovo ai giudici di secondo grado per una nuova decisione.

Premesso che la sindrome di alienazione parentale (PAS) è stata ripetutamente considerata illegittima non avendo un fondamento scientifico, così come sono state criticate le relazioni psicologiche che si basano su schematismi e riscontri non verificabili, come è possibile intervenire per il benessere psico-fisico del figlio quando egli rifiuta di avere rapporti con l’altro genitore?

Sicuramente la risposta non può essere, come detto anche dalla Cassazione, l’allontanamento del figlio dalla madre, tenuto conto che quest’ultima costituisce l’unico punto di riferimento per il minore.

La Corte di Cassazione evidenzia che “ogni decisione che si ponga il problema se privilegiare l’interesse del minore in prospettiva futura, al prezzo di produrgli una sofferenza immediata, deve compiere un difficilissimo bilanciamento: la scelta della prospettiva futura può essere ragionevolmente privilegiata solo se è altamente probabile che dia esito positivo nel lungo periodo e al tempo stesso dalla scelta opposta deriverebbe un danno elevato; è per di più necessario che la sofferenza nel breve periodo appaia superabile senza lasciare strascichi troppo traumatici.”. I giudici di primo e di secondo grado hanno omesso questo bilanciamento, non considerando la concreta possibilità che l’attuazione del diritto alla bigenitorialità attraverso l’allontanamento del minore dalla madre avrebbe portato di fatto ad una immediata sofferenza del minore con le relative conseguenti ripercussioni sul suo futuro.

Altro elemento importante per la tutela del minore è il suo ascolto. La Corte scrive che i minori, pur non essendo parti formali nei procedimenti che li riguardano, “sono tuttavia parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori”. L’ascolto, dunque, è un ulteriore strumento per il giudice, al fine di comprendere se le dichiarazioni del minore riflettano i suoi vissuti e le sue idee o quelli di uno o entrambi i genitori, e deve avvenire se il minore è capace di discernimento, nonostante sia già stato ascoltato dai periti-psicologi e dagli assistenti sociali.

In conclusione, la Corte di Cassazione osserva che il diritto alla bigenitorialità del figlio sarà garantito non dalla “spada di Damocle” del timore dell’allontanamento dalla madre, ma da un’attività di sostegno psicologico del minore e della madre (ma anche del padre, aggiungerei io), volta a persuadere entrambi sull’importanza della relazione del padre con il figlio, nell’interesse di quest’ultimo.

Interessante è, anche, l’inciso “con l’auspicabile ausilio dei difensori delle parti”, in ragione del ruolo che giocano anche loro in questa fase così delicata. E’ dunque fondamentale che i legali dei genitori (ma anche i giudici) abbiano una competenza specifica non solo nel diritto di famiglia e dei minori ma anche nelle pratiche mediative e negoziali, perchè in questo ambito non si può e non di deve lavorare in modo avversariale.

Non c’è un vincitore e un vinto tra i genitori, perchè se fosse l’unico sconfitto è il figlio. Dal punto di vista del minore e del suo superiore interesse, si vince quando vincono tutti, ovvero quando si tutelano le relazioni.