Assegno di divorzio e nuova convivenza

24 feb 2022
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L’assegno di divorzio viene meno nel caso in cui il coniuge beneficiario dell’assegno ha una stabile convivenza?

L’annosa questione, di cui ho scritto anche in passato, ha trovato risposta nella sentenza n. 32198 del 5.11.2021 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

In breve, la Corte fa una distinzione in ragione della diversa funzione dell’assegno, così come delineata dalle sentenze del 2017 e 2018:

- rispetto alla funzione assistenziale, l’assegno viene meno nel momento in cui l’ex coniuge ha instaurato una convivenza stabile, frutto di una sua scelta, libera e responsabile, di costruirsi una nuova vita e una nuova famiglia. Dalle convivenze di fatto, riconosciute normativamente, nascono, infatti, reciproci e garantiti doveri morali e materiali di assistenza reciproca, per cui derivano impegni di contribuzioni economiche vere e proprie. L’ex coniuge “debole”, dunque, non può più pretendere un contributo economico, secondo il principio dell’autoresponsabilità, così come l’ex coniuge “forte” ha diritto a non essere limitato nel suoi programmi futuri. I nuovi progetti di vita costituiscono un taglio con il passato, indipendentemente dal fatto che il tenore di vita presente sia equivalente o meno a quello precedente.

- rispetto alla funzione perequativa compensativa, se non soddisfatta all’interno del matrimonio con il regime patrimoniale o con accordi tra i coniugi, l’assegno di divorzio non può venire meno in modo automatico. Diversamente, il contributo dell’ex coniuge, che ha concorso con le sue scelte personali e condivise all’interesse della famiglia, alle fortune della famiglia e al patrimonio dell’altro coniuge, verrebbe ingiustamente sacrificato. La funzione compensativa dell’assegno di divorzio, dunque, non ha alcuna attinenza con la nuova convivenza: all’interno della nuova relazione l’ex coniuge non recupera quanto ha sacrificato per la famiglia del cessato matrimonio.

Sulla base di questa valutazione, la Corte aggiunge un’interessante considerazione in merito alla modalità di corresponsione dell’assegno nella sua funzione compensativa, esprimendo il limite del versamento mensile (che manterrebbe i coniugi legati tra loro ad un rapporto obbligatorio) e privilegiando la corresponsione di somme una tantum o temporanee. Queste ultime, sottolinea la Corte, “appaiono meglio garantire la pacifica convivenza della pluralità della formazioni sociali familiari” e sono più utili a dare al coniuge più debole la spinta per re-immetersi nel circuito lavorativo e produttivo.

In conclusione, ritengo che in questa sentenza sia espressa attenzione sia al passato, dando la giusta importanza al progetto familiare che era stato condiviso tra i coniugi, ma anche al futuro, invitando gli ex coniugi a svoltare pagina. Mi è piaciuto anche l’uso del termine “mediatori professionali della crisi familiare” per indicare i giudici, gli avvocati e gli altri professionisti, che vengono sollecitati dalla Corte ad adoperarsi per trovare un accordo e definire in modo non conflittuale la crisi coniugale.