Ordine di protezione contro gli abusi familiari

11 gen 2018
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Con la legge 154 del 2001 è stata introdotta la possibilità di richiedere, in ambito civile, misure di protezione contro violenze fisiche e psicologiche all’interno delle relazioni familiari (ex art.342 bis e ter c.c. e art.736bis c.p.c.).

Di regola tali misure sono assunte all’esito di un procedimento sommario avanti al Tribunale in composizione monocratica. La composizione monocratica è stata preferita per una ragione di celerità e immediatezza. Ciò non toglie, però, che possano essere emanate anche dal Tribunale in composizione collegiale, ovvero in sede di separazione o di divorzio.

La Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2017, n.15482, ha ribadito questa possibilità sottolineando un principio di diritto, quello di concentrazione delle tutele, valido soprattutto nei procedimenti che riguardano i minori. Questo principio era già stato chiarito dalla Corte Cost. con la sentenza n.194 del 2015, nell’ambito delle competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i Minorenni per i procedimenti di cui all’art. 330 e 333 c.c.

Bisogna, dunque, andare oltre la lettura delle disposizioni normative solo sul tenore letterale, agevolando la concentrazione delle tutele, così da escludere, a garanzia del preminente interesse del minore, il rischio di decisioni contrastanti e incompatibili da parte di organi diversi.

Quando la richiesta della misura di protezione avviene nell’ambito del conflitto familiare, teso a definire anche questioni riservate alla competenza del giudice collegiale, “sarebbe antieconomico e irrazionale che il giudice collegiale non possa conoscere anche della richiesta misura di protezione” .

Nella materia della giustizia minorile, il principio di concentrazione delle tutele ha un ruolo fondamentale e irrinunciabile perché il reale protagonista è il minore. E’, dunque, l’interesse del minore a determinare le regole del gioco, al di sopra degli aspetti formali. Non è un caso che proprio nei procedimenti di famiglia il giudice civile possa disporre di poteri ampi e articolati, anche in via officiosa, perché solo in questo modo può assicurarsi una tutela effettiva del minore.