Il tutore legale e il curatore speciale del minore

24 lug 2019
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Spesso sono il tutore o il curatore speciale del minore nei procedimenti presso il Tribunale per i Minorenni. Sono entrambi dei ruoli molto delicati e che richiedono una particolare formazione e competenza, ma soprattutto sensibilità.

Il tutore legale (art. 343 c.c. e seguenti del c.c.) ha la cura, la rappresentanza in tutti gli atti civili e l’amministrazione dei beni del minore, nei casi in cui i genitori hanno la sospensione della genitorialità o sono impossibilitati ad esercitarla perchè morti o per altre cause (si pensi ai minori stranieri non accompagnati e ai procedimenti sulla verifica dello stato di adottabilità). Il tutore si occupa, dunque, di garantire al minore tutti i diritti riconosciuti dall’ordinamento italiano, indipendentemente dalla nazionalità, in continuo confronto e dialogo con i Servizi sociali, le famiglie affidatarie e le comunità familiari, che si occupano della gestione ordinaria, e, se serve, anche con i genitori.

In particolare, rientra tra i poteri del tutore quello di rappresentare il minore nei giudizi che lo riguardano e lo vedono portatore di interessi contrapposti a quelli dei genitori, come succede nei procedimenti sullo stato di adottabilità. Il minore, dunque, privo di capacità processuale, potrà attraverso il tutore esercitare il diritto di difesa.

La Convenzione di New York attribuisce, infatti, la qualità di parte al minore in tutti quei procedimenti in cui deve essere separato dai genitori (art.9 comma 2), senza alcun margine di discrezionalità per gli Stati Membri. Ne consegue che la mancanza di un idoneo rappresentante legale per il minori può essere causa di nullità del giudizio.

A questo riguardo, il tutore (o il tutore provvisorio in caso di urgenza o di sospensione del tutore) potrà nominare un avvocato, salvo il caso che, per economia processuale, la nomina del tutore cada su un avvocato. Capita, però, che oltre al tutore venga nominato anche il curatore speciale.

Il curatore speciale (art.78 c.p.c.) è una figura diversa dal tutore: è colui che rappresenta e assiste il minore nel caso in cui manchino i genitori o vi è conflitto di interesse con loro, come nel caso di procedimenti che incidono sullo status del minore (es. disconoscimento di paternità) o sulla responsabilità genitoriale (es. procedimenti di adozione o limitativi della responsabilità genitoriale). Nei procedimenti per la verifica dello stato di abbandono la nomina del curatore è automatica, mentre nei procedimenti di separazione/divorzio/affidamento è necessario valutare se in concreto ci sia un conflitto di interessi. Il suo compito è di tutelare il minore nei contesti processuali pregiudizievoli, assicurando che i suoi diritti e interessi, esigenze e bisogni, desideri e aspettative, abbiano il doveroso spazio nel contraddittorio processuale. Anche in questo caso si preferisce nominare un avvocato.

E’ indubbio, quindi, che questa figura non solo deve avere ampi poteri processuali, assumendo a pieno titolo la rappresentanza processuale del minore, ma anche un potere (direi anche dovere) di dialogo e confronto con il suo rappresentato (se le condizioni di età e le capacità di discernimento lo consentono), ma anche con le altre parti del giudizio (ad es. i genitori) e con i terzi (quali servizi sociali, famiglie affidatarie, …).

Entrambe le figure devono, dunque, avere una formazione specifica che garantisca la loro indipendenza e terziarietà nel svolgere il ruolo di rappresentante processuale, ma anche una specifica esperienza, competenza (anche interdisciplinare nelle tecniche di comunicazione con i minori) e sensibilità che li rendano idonei a comprendere il punto di vista dei minori, il contesto di vita degli stessi e le soluzioni più opportune. La condotta di entrambi deve essere improntata al raggiungimento del superiore interesse del minore e, proprio per questo, al principio della minore offensività, ovvero deve essere protesa alla soluzione maggiormente pacificante e più idonea alla riduzione della conflittualità.