Gli adulti capiscano: non sono in battaglia

24 mar 2013
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Le ultime notizie sul caso di Cittadella offrono nuovamente spunto per delle riflessioni.

La Cassazione ha ritenuto di accogliere il ricorso della madre in quanto la decisione della Corte d’appello di Venezia ledeva in particolare un principio, ovvero la necessità che il giudice, quando ricorre a degli esperti, verifichi il fondamento scientifico di una consulenza che presenta dei contrasti con la scienza medica ufficiale.

La Corte d’appello di Venezia, infatti, aveva adottato un provvedimento con pretese di valenza terapeutica, ritenendo di perseguire l’interesse del bambino prevenendo l’aggravamento di una patologia in atto, ovvero la PAS, così come diagnosticata dalla consulenza tecnica, quando in realtà il mondo scientifico internazionale ha espresso diverse perplessità sulla PAS e non l’ha riconosciuta né come sindrome né come malattia.

PAS, ovvero Parental Alienation Syndrome, nel 1980 è stata descritta dallo psichiatra Richard Gardner come una condizione che può presentarsi nelle situazioni di separazione e divorzio conflittuali, per cui il figlio da vita, in seguito alla programmazione e al lavaggio del cervello agito su di lui dal genitore affidatario, ad una campagna di denigrazione non giustificata nei confronti dell’altro genitore. Non è una malattia per cui compaiono dei sintomi, ma invece una condizione relazionale o meglio una distorsione relazionale attraverso cui i sentimenti del bambino nei confronti di uno dei due genitori vengono mistificati dall’altro.

Proprio per questa mancanza di valenza scientifica, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice del merito abbia peccato nella motivazione, sottolineando che “da una diagnosi in tesi errata non può derivare una terapia corretta” e che “Di certo non può ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare”.

Questa decisione rimanda quindi alla Corte d’Appello di Brescia ogni decisione sul futuro del minore, per il momento unica vittima della vicenda, dato che ora è costretto nuovamente ad abbandonare un genitore per stare con l’altro, in questa contesa che sembra non avere fine.

Qualsiasi sarà poi la decisione in merito, rimarrà sicuramente il problema della sua attuazione, soprattutto se non cambiano gli animi dei genitori.

Nel nostro ordinamento mancano, infatti, strumenti adeguati per dare effettività alle decisioni sia in ambito civile che in ambito penale. Bisogna, infatti, ricordare che la decisione del giudice di affidare un figlio minore ad uno dei due genitori non corrisponde ad un preteso diritto del genitore, ma alla tutela dell’esclusivo interesse morale e materiale dei figli alle relazioni, per cui l’esecuzione pratica della decisione giudiziaria è prioritaria.

A riguardo, l’Associazione Italiana dei Magistrati per i minorenni e per la famiglia ha elaborato delle linee guida per i processi di sostegno e di allontanamento del minore: acquisire il consenso, o quantomeno la non opposizione, all’esecuzione da parte degli interessati, anche collaborando con i difensori; la specializzazione degli operatori che eseguono il provvedimento o addirittura avvalersi di una equipe stabile multi professionale, possibilmente con professionisti diversi da quelli che hanno in carico il minore e la famiglia; ricorrere alla forza pubblica nei casi di assoluta necessità e con modalità particolari; ascoltare il minore, incentivando l’utilizzo di spazi neutri; tempi brevi per le decisioni delle Autorità Giudiziarie su reclami avverso provvedimenti di allontanamento.

Rimane, comunque, un problema di fondo: finché gli adulti continueranno a credere di essere in un campo di battaglia nessuna decisione, anche la più perfetta, potrà non solo trovare attuazione, ma soprattutto aiutare questo minore a ritrovare la serenità di essere figlio di quella madre e di quel padre, che un tempo, non troppo lontano, si sono scelti come suoi genitori e lo hanno messo al mondo con un atto di amore.

Avvocato Sofia Tremolada e avvocato Michela Tonini