Genitore intenzionale

12 mar 2021
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Recentissime le due sentenze della Corte Costituzionale, chiamata a decidere sulla legittimità di alcune norme del nostro ordinamento che non garantiscono una tutela piena di figli nati da coppie omosessuali.

IL PRIMO CASO (Corte cost. 32 del 2021) riguarda due bambine, figlie di due mamme, che si recano al’estero per la fecondazione artificiale, rientrano in Italia e una delle due partorisce. Tutte e quattro vivono insieme per cinque anni, ma poi la coppia si separata e la madre biologica si oppone a riconoscere all’altra qualsiasi diritto/dovere nei confronti della figlia, non acconsentendo all’adozione in casi particolari.

IL SECONDO CASO (Corte Cost. 33 del 2021) riguarda un bambino, figlio di due papà, che si recano all’estero per sposarsi, procedono all’impianto di embrione formato dai gameti di uno di loro e una donatrice nell’utero di altra donna (maternità surrogata), riconoscono entrambi il figlio nel paese estero, sulla base di una sentenza, e poi ritornano in Italia chiedendo il riconoscimento della sentenza e la trascrizione delle doppia paternità nell’atto di nascita del figlio.

Entrambe le sentenze non si preoccupano del diritto delle due madri o dei due padri ad essere genitori, ma si occupano del diritto dei loro figli di essere considerati tali, con i conseguenti doveri per i loro genitori.

Fondamentalmente il ragionamento della Corte si basa sui seguenti presupposti:

- il diritto del minore alla salvaguardia del suo “best interest”, e in particolare alla tutela della permanenza e della stabilità delle sue relazioni familiari, pur in assenza di un legame biologico, tramite una valutazione che tenga conto del caso concreto con le sue specificità;

- l’uguaglianza tra tutti i figli;

- non è stato scientificamente dimostrato che un bambino inserito in una famiglia composta da una coppia omosessuale sia pregiudicato nella sua crescita.

Ribadendo il divieto alla fecondazione artificiale per le coppie omossessuali e condannando alla maternità surrogata, la Corte non può che constatare che nel nostro paese manchi la concreta possibilità del riconoscimento giuridico dei legami tra il bambino e il genitore d’intenzione, ovvero quel genitore ha condiviso il progetto di genitorialità, lo ha portato avanti fino al parto e successivamente crescendo fattivamente il figlio, pur non avendo alcun legame biologico con lo stesso (la madre che non l’ha partorito nel primo caso e il padre che non ha donato i gameti nel secondo caso).

La CEDU, diversamente, ha sollecitato gli Stati a prevedere una procedura per il riconoscimento che sia tempestiva ed efficace, nei casi in cui il rapporto di filiazione è già diventato la “realtà pratica” per quel bambino o per quella bambina.

Diversamente, invece, la procedura prevista dall’art. 44, lettera d), della legge sull’adozione (la cd. adozione in casi particolari) non garantisce la costituzione di un legame di vera e propria filiazione tra adottante e adottato, una volta accertata in concreto la corrispondenza con gli interessi del bambino. Inoltre, essa richiede per il suo perfezionamento l’assenso del genitore “biologico”, che potrebbe non essere prestato quando la coppia è in crisi, come nel primo caso illustrato.

In conclusione, dunque, alla Corte Costituzionale non rimane che riconoscere i suoi limiti: non spetta a lei risolvere la questione, ma al legislatore.

Ed in entrambe le sentenze si sollecita il Parlamento ad intervenire velocemente vista l’importanza degli interessi: “questa Corte non può esimersi dall’affermare che non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse de minore” (n.32/21) e “questa Corte non può, allo stato, che arretsrasi e cedere doverosamente il passo alla discrezionalità del legislatore, nella ormai indifferibile individuzione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficente tuetela degli interessi del minore” (n.33/21).

Non rimane, dunque, che attendere che il preminente interesse dei minori trovi finalmente tutela completa nel nostro ordinamento, perchè non siano i figli a pagare per i comportamenti illeciti dei genitori.