Diritto o dovere di visita?

21 apr 2020
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La recente Corte di Cassazione del 6 marzo 2020, n.6471, ha ritenuto che il diritto-dovere di visita del figlio minore da parte del genitore non collocatario non è coercibile, diversamente da quanto espresso precedentemente.

IL CASO. Il padre viene sanzionato in primo grado in quanto non aveva adempiuto ai suoi obblighi di visita fissati, quanto a tempo e modalità, per regolamentare il rapporto con il figlio minore, ai sensi e agli effetti dell’art.614 bis c.p.c. In particolare, il provvedimento aveva stabilito che il padre versasse alla madre la somma di 100,00 € per ogni futuro inadempimento. La Corte d’appello confermava quanto stabilito in primo grado.

La Suprema Corte fa una distinzione tra i diritto di visita e il dovere di visita. Nel primo profilo, il diritto deve essere tutelato rispetto alle violazioni o inadempienze dell’altro genitore, che ha l’obbligo di non rendere l’esercizio di tale diritto più difficile o di impedirlo. Nel secondo profilo, il dovere è rimesso all’autonoma osservanza dell’interessato e non può essere richiesto il suo esercizio in forma coattiva.

Secondo il ragionamento della Corte, se fosse coercibile, come altre obbligazioni, il dovere di visita urterebbe con la sua stessa finalità, ovvero quella di “strumento di realizzazione dell’interesse superiore del minore, inteso come crescita ispirata a canoni di equilibrio e adeguatezza”. Il diritto-dovere di visita, dunque, non può configurarsi come una condanna ad un fare proprio perchè è espressione della relazione genitore-figlio. Inoltre, la stessa monetizzazione preventiva che viene fatta del diritto-dovere di visita banalizza, secondo la Corte, il dovere essenziale del genitore nei confronti del figlio.

La Corte, quindi, ritiene che non sia applicabile nè l’art.614 c.p.c. nè l’art. 709ter, comma 2, c.p.c. in via preventiva e indiretta di un dovere in caso di inosservanza futura. I poteri del giudice, dunque, si limitano al presente e al potere di ammonimento, quanto al futuro protarsi del comportamento inadempiente.

Se non si possono usare le misure coercitive, quali sono le soluzioni?

Per la Corte, le soluzioni possibili sono nei provvedimenti di affidamento esclusivo, in quelli che incidono sulla responsabilità genitoriale (sospensione o decadenza) o nella proposizione della querela ex art. 570 c.p.

Questa sentenza si discosta dalla giurisprudenza precedente che aveva ritenuto gli istituti dell’art. 709 ter c.p.c. e dell’art.614 bis c.p.c. un rafforzamento della tutela dei diritti dei figli: il primo come misura a carattere repressivo che viene inflitta a posteriori, il secondo come misura coercitiva a carattere preventivo, che viene disposta quando la violazione è solo prevedibile e ha una funzione dissuasiva.

Due sono i lati della medaglia.

Da una parte, è difficile comprendere come il diritto soggettivo del minore alla bigenitorialità (che è un diritto che incide sulla sua crescita e sulla formazione della sua personalità e sul cui esercizio i genitori sono chiamati ad assicurarne la tutela), possa trovare equilibrio con l’ampia libertà che viene riconosciuta al genitore non collocatario riguardo al suo diritto-dovere di visita.

Dall’altra parte, è vero che il diritto di famiglia è un diritto speciale che non può essere riportato alle regole generali del diritto civile e la Corte di Cassazione ha ragione nel sostenere, richiamando il diritto internazionale, che tale diritto impone la “valorizzazione della comprensione e collaborazione di tutte le persone coinvolte”, sollecitando la grande prudenza e la ragionevolezza per tutti gli interventi volti ad agevolare le relazioni familiari ed in particolare il diritto di visita.

Questo comporta, dunque, una valutazione caso per caso per bilanciare adeguatamente i diritti in relazione, quello del figlio e quello del genitore, avendo sempre ben presente che l’obiettivo ultimo è quello di tutelare il sano ed equilibrato sviluppo del minore.

E il modo migliore per tutelare il diritto del minore è quello di tutelare contemporaneamente tutte le sue relazioni, e dunque tutti gli interessi delle persone che sono in relazione con il minore stesso.

Come fare, allora, per trovare il giusto equilibrio?

Con la comprensione e la collaborazione.

Spesso non è sufficente il provvedimento del giudice (o anche i più provvedimenti del giudice), ma il coinvolgimento di tutti i protagonisti, che affiancati da professionisti capaci vengono accompagnati nel percorso necessario a trovare gli accordi che tengano conto di tutti gli interessi in gioco. Solo così si potrà confezionare il vestito più adatto a quella famiglia.

Nel diritto di famiglia collaborare non è opzionale ma è necessario, soprattutto per i figli!

Se vi servono informazioni sulla pratica collaborativa non esitate a visitare il sito e a chiamarmi.