Cittadinanza non coincide più con nazionalità

24 apr 2013
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L’INTERVENTO – Nei giorni scorsi al Tribunale di Padova, si è tenuto il convegno su “Cittadinanza italiana e appartenenza europea”, in occasione dell’anno europeo dei cittadini, organizzato dall’Aiaf e dall’Asgi.

Il concetto di cittadinanza ha avuto una sua evoluzione nel tempo. Il criterio dominante diviene quello di sangue quando cittadinanza si identifica con nazionalità e identità nazionale. Inevitabilmente, quindi, lo straniero entra in Italia solo a determinate condizioni, e, una volta entrato, il suo legame con la sua cittadinanza rimane così forte che anche nel diritto internazionale privato italiano si rinvia alle leggi straniere per individuare il diritto applicabile. Questa coincidenza tra nazionalità e cittadinanza non ha più ragion d’essere per due ordini di motivi: l’emersione della cultura dei diritti fondamentali dell’uomo, per i quali vale la persona senza distinzioni di cittadinanza, e il fenomeno dell’immigrazione, per cui in una società multietnica emerge lo status di straniero legalmente residente.

La cittadinanza, dunque, deve diventare un concetto laico, più espressione di un contatto reale con il territorio e di una partecipazione alla vita sociale (ad esempio frequentando le scuole, avendo accesso alla sanità, contribuendo al pagamento delle imposte) che espressione di nazionalità. Inoltre, con l’avvento della Comunità Europea, il concetto di cittadinanza si allarga per rispondere al bisogno di una identità che vada oltre le singole nazionalità, garantendo diritti politici ulteriori, tra i quali la libertà di circolazione. Anche nei regolamenti europei, che prevalgono sul diritto interno, il criterio della cittadinanza è diventato un criterio secondario rispetto a quello della residenza, del domicilio, della prevalente localizzazione.

Ad esempio nelle controversie matrimoniali (separazione e divorzio), il Regolamento comunitario n. 2201 del 2003 (detto “Bruxelles II bis) e il Regolamento comunitario n. 1259 del 2010 (detto “Roma III”), stabilendo i criteri per identificare rispettivamente il giudice competente a decidere e la legge applicabile, utilizzano in via principale il criterio della residenza abituale dei coniugi, e solo in via residuale quello della cittadinanza comune.

Pertanto, nel discutere sulla possibile riforma della legge sulla cittadinanza, diverse volte è stata sottolineata dai relatori l’importanza che si privilegi il criterio del contatto con la realtà territoriale rispetto al criterio di sangue.

Avvocato Sofia Tremolada e avvocato Michela Tonini