Accoglienza di minori ucraini

24 giu 2022
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Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, il 24 febbraio, in Italia hanno chiesto permesso di soggiorno per protezione temporanea 80 mila ucraini, di cui 39 mila minori. Questi i dati della protezione civile aggiornati al 25 maggio.

Il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato ed è privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili, in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano, è un minore straniero non accompagnato, per il quale sono previste delle tutele specifiche.

Per i minori ucraini accompagnati da zia, nonna o direttore dell’istituto, ove erano accolti in Ucraina, che non possono dimostrare di essere legalmente responsabili, è stato dunque nominato un tutore legale (eventualmente anche il parente accompagnatore).

La legislazione italiana prevede che i minori stranieri non accompagnati godano degli stessi diritti dei minori italiani e comunitari (in primis, diritto alla salute e all’istruzione), che sia fatto divieto di espulsione e di respingimento alla frontiera e che sia garantito l’accoglimento in struttura o presso una famiglia affidataria.

In particolare, per gli ucraini si è attivato un coordinamento a livello internazionale/europeo per garantire l’identificazione e il conseguente ricongiungimento familiare, ove possibile.

Per i bambini giunti senza genitori e senza parenti (nella realtà un numero minore di quello che si era previsto all’inizio dell’emergenza), di concerto con l’autorità pubblica, oltre alla nomina del tutore legale, è stata garantita l’ospitalità temporanea presso famiglie affidatarie o persone singole, già formate all’affido familiare.

Un’accoglienza internazionale temporanea, infatti, non può essere improvvisata. Il minore che si accoglie fugge da una guerra e si trova a dover accettare e coesistere con una doppia appartenenza, con differenze culturali e linguistiche, oltre ad afrontare un doppio sradicamento (prima per lasciare il proprio paese e poi per tornarci lasciando il paese che lo ha accolto).

E’ importante, dunque, chiarire subito che in contesti di emergenza i bambini separati dai genitori non possono essere considerati orfani e non sono disponibili per l’adozione. E’ dunque escluso il ricorso all’istituto dell’adozione, così come è escluso che i bambini instaurino un legame che in futuro possa essere giuridicamente vincolante con i soggetti ospitanti. Fino a quando non sarà possibile verificare la sorte dei genitori di un bambino o di altri suoi parenti stretti, ogni bambino separato è considerato come se avesse ancora familiari in vita e il ricongiungimento familiare è la prima priorità.

In Italia, ad oggi, non è regolato l’affidamento familiare internazionale. Questa mancanza aveva creato difficoltà nella gestione dei soggiorni climatici, alcuni dei quali da ospitalità si sono trasformati in adozioni in casi particolari.

In conclusione, dunque, nelle emergenze è necessario seguire le vie istituzionali per non agevolare forme di sfruttamento, tratta, traffico e sparizioni di minori. Usando le parole della Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, “La generosità è encomiabile, ma l’accoglienza non si improvvisa e non si può fare semplicemente sull’onda dell’emotività”.