Divisione giudiziale della casa familiare
Innanzitutto, c’è completa autonomia tra l’istituto dell’assegnazione della casa familiare in sede di separazione/divorzio e quello della divisione giudiziale della casa familiare a seguito dello scioglimento della comunione.
Il diritto di abitazione della casa familiare è un atipico diritto personale di godimento, e non un diritto reale, previsto nell’esclusivo interesse dei figli e non nell’interesse del coniuge affidatario, e va trascritto per renderlo opponibile ai terzi.
La casa familiare, pur assegnata ad uno dei coniugi in ragione dei figli, può essere oggetto di alienazione a terzi, così come di divisione.
Nel caso in cui l’immobile sia oggetto di divisione tra i coniugi e non sia divisibile in natura, la questione che si pone è quella dell’incidenza “economica” del vincolo di assegnazione rispetto al valore della casa.
Se il bene viene venduto a terzi o attribuito in proprietà esclusiva al coniuge non assegnatario, la persistenza del diritto personale di godimento discendente dal provvedimento di assegnazione limiterà le facoltà dominicali del proprietario del bene. Il godimento del bene non ci sarà finchè si protrarranno gli effetti del provvedimento e dunque il valore del bene dovrà essere decurtato.
Se il bene viene attribuito in proprietà esclusiva al coniuge assegnatario della casa, ci sono due linee di pensiero in giurisprudenza.
Parte della giurisprudenza (da ultima la Cass. civ., sez. II, 9 settembre 2016 n.17843) ritiene che il diritto di abitazione non può influire sul valore dell’immobile, in quanto il diritto personale di godimento viene meno con l’assegnazione della proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli. Diversamente il coniuge non assegnatario verrebbe ingiustamente penalizzato con la corresponsione di una somma minore dell’effettivo valore venale dell’immobile.
Altra parte della giurisprudenza ritiene che il vincolo rimane fino a quando il provvedimento di assegnazione non venga modificato e questo a garanzia dei figli e dell’habitat domestico.
Così sostenendo, però, bisognerebbe prevedere l’assegnazione della casa familiare anche nel caso in cui la casa sia di proprietà esclusiva del coniuge affidatario, in modo che quest’ultimo sia limitato nella sua libertà di disporre di tale bene come vuole, potendo ledere il diritto dei figli all’habitat domestico.
L’interesse morale e materiale dei figli a mantenere l’habitat domestico dovrebbe trovare tutela in via normativa più che in via interpretativa, così che non sia più condizionato dagli interessi personali e patrimoniali dei genitori..