Sottrazione di minore

4 dic 2018
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In più occasioni ho messo in evidenza come, in caso di separazione/divorzio, sia nell’interesse dei figli mantenere la residenza presso la casa familiare (motivo per cui quest’ultima viene assegnata al genitore con cui vengono collocati i figli) e come la decisione sul luogo di residenza dei figli rientri nelle scelte di maggior interesse, per cui deve essere concordata dai genitori.

Recentemente la Corte di Cassazione penale (sentenza n.51960 del 16 novembre 2018) ha deciso che la madre che si trasferisce in altra città con i figli, in affido condiviso con il padre, commette il reato di sottrazione di minore, ex art.574 c.p.

Si configura, dunque, il reato di sottrazione di minore qualora, contro la volontà dell’altro genitore, si sottrae il figlio (minore di 14 anni) per un periodo rilevante, impedendo l’altrui esercizio della responsabilità genitoriale e allontanando il minore dall’ambiente di abituale dimora. Inoltre, il fatto che il padre abbia potuto trascorrere dei giorni con i figli durante le vacanze estive non interrompe la condotta lesiva.

E’ possibile, dunque, che si configuri la sottrazione di minore quando il genitore non rispetta le modalità e i tempi stabiliti dal giudice per l’affidamento della prole: ad es. il genitore che non fa vedere all’altro il figlio, oppure che lo trattiene più del dovuto (Cass. penale n.28561 del 28 marzo 2018: condannata la madre che aveva portato la figlia per 15 giorni in una località ignota al padre, interrompendo ogni contatto). La privazione deve essere seria e prolungata, per cui non è sufficiente che il genitore ritardi di un’ora o due di accompagnare il figlio dall’altro.

Il reato prevede due ipotesi: che il minore di 14 anni sia portato via senza il consenso di coloro che ne hanno la responsabilità (genitore, tutore, curatore…), anche se il minore è d’accordo; che il minore abbia compiuto 14 anni e non sia d’accordo. In questo caso valgono le convenzioni internazionali.

L’ipotesi aggravata di sottrazione è quella di chi sottrae il minore portandolo all’estero contro la volontà di chi ne ha la responsabilità genitoriale. Il fatto che il figlio quattordicenne avesse dato il consenso non esclude il reato ma ne diminuisce la pena.

In particolare, nella sentenza della Corte di Cassazione penale, sopra citata, la madre viene condannata anche per il reato di cui all’art.388 c.p., ovvero mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La donna, infatti, trasferendosi, aveva lasciato la casa familiare, che le era stata assegnata dal giudice nell’interesse dei figli, e l’aveva ceduta in locazione alla sorella. La decisione del giudice non è stata, dunque, rispettata dolosamente, non c’erano giustificati motivi nell’interesse dei figli per eludere tale decisione e le normative sugli alloggi residenziali pubblici non prevalgono sulla decisione stessa.