Rettificazione del sesso e divorzio

19 giu 2015
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La Cass. Civ. n. 8097 del 2015 stabilisce il mantenimento del vincolo matrimoniale anche dopo la rettificazione del sesso da parte di uno dei due coniugi, se la volontà di quest’ultimi è quella di proseguire la loro vita insieme.

Già la Corte Costituzionale, con la pronuncia n.170 del 2014, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n.164 del 1982, artt. 2 e 4: la caducazione automatica del matrimonio, in seguito alla sentenza di rettificazione del sesso, crea un vuoto di tutela per le coppie che vogliono mantenere in vita il loro rapporto, non essendoci nel nostro ordinamento altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i dritti e gli obblighi della coppia medesima. L’interesse della coppia a conservare la propria unione costituisce, infatti, una relazione qualificabile come “formazione sociale” protetta dall’art. 2 della Costituzione, oltre che dai principi di diritto europeo, quale quello dell’art.8 CEDU.

In attesa, dunque, dell’intervento del legislatore, fortemente sollecitato dalla Corte Cost., il giudice a quo è tenuto ad individuare la regola per il caso concreto, ovvero a tutelare i diritti fondamentali e i doveri solidali della coppia, in modo che non si crei quella situazione di indeterminatezza e mancanza di tutela che la Corte Costituzionale vuole evitare.

Ciò non significa estendere il modello di unione matrimoniale alle unioni omoaffettive, ma non è sufficiente neanche l’adeguamento (come indicato nelle sentenze n.138/2010 della Corte Cost. e n.4184/2012 della Corte Cass.) nella titolarità e nell’esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti costituzionalmente dall’art.2 Cost. alle relazioni di fatto.

L’unione matrimoniale garantisce il massimo grado di protezione giuridica dei suoi componenti, per cui la conservazione di tali diritti e doveri deve esserci fino a quanto gli stessi diritti e doveri non saranno regolati dal legislatore tramite le unioni civili, o altra forma.