Nuove famiglie: quali diritti?

18 mag 2015
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Al convegno regionale dell’AIAF del 15 maggio scorso a Venezia, ci si è confrontati sulle trasformazioni delle famiglie e della genitorialità, sul concetto di responsabilità genitoriale, sulle convivenze etero e omosessuali, ma soprattutto sull’impatto che hanno le legislazioni straniere e quella europea sul nostro ordinamento.

Il filo comune della discussione è l’affiliazione, che è divenuta negli anni sempre più una situazione complessa, in seguito al venir meno del matrimonio come suo collante. Oggi la filiazione è un rapporto affettivo tra il minore e la persona/le persone che se ne assumono la responsabilità pubblicamente. L’interesse del minore ad avere una famiglia deve, però, essere valutato sulla base dell’esperienza del minore stesso, sul suo bisogno reale, e non essere stravolto attraverso ordini morali. I minori non possono pagare per le scelte (giuste o sbagliate che siano) degli adulti.

Negli ultimi anni, infatti, si sono profilati tre dimensioni genitoriali, che possono non coincidere: il genitore biologico (colui che dona i gameti), il genitore procreativo e il genitore che si occupa della crescita. Solo il secondo è riconosciuto in Italia come il genitore legale.

Il sistema italiano però si trova ad interagire continuamente con altri Stati, con legislazioni diverse, e con l’ordinamento europeo. La libera circolazione delle persone comporta inevitabilmente che le libertà e i diritti di altri Paesi travolgono il sistema interno italiano, che ormai è diventato un sottosistema. L’ordine pubblico interno, che è il limite principale, è anch’esso in trasformazione e arricchito dai principi europei sta acquisendo sempre più la valenza di ordine pubblico europeo.

Una persona non può essere diversa attraversando la frontiera (che ormai non esiste più), per cui o le si riconosce in Italia lo stesso status che le è riconosciuto nel suo paese di origine o si individua uno status corrispondente nel diritto italiano. Il problema nasce, dunque, dall’impossibilità del riconoscimento di uno status perché derivante da un istituto non riconosciuto in Italia.

Per il momento in Italia è la giurisprudenza che cerca di tamponare il ritardo legislativo, ma è necessario che sia la legge a garantire il principio di uguaglianza, in quanto la giurisprudenza rimane una soluzione ad personam, e quindi solo per i pochi che se la possono permettere economicamente.