La tutela del minore garantita dal Comune di residenza

13 gen 2016
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Lo Stato italiano è tenuto a garantire la tutela dei bisogni di ogni minore presente nel suo territorio, a maggior ragione nel caso di minori i cui genitori non si occupino di loro in violazione ai loro doveri. Lo straniero con regolare permesso di soggiorno è equiparato al cittadino italiano per la fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale.

Questo principio di tutela e di assistenza è previsto non solo dalle norme interne ma anche dalle norme internazionali, prima fra tutti la Convenzione sui diritti dell’Infanzia ratificato dall’Italia con la l.176/91.

L’art.20 della suddetta Convenzione prevede che il minore abbia il diritto di essere protetto e aiutato da parte dello Stato con misure sostitutive se privo di ambiente familiare o con famiglia dannosa (“ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello Stato”).  Anche l’art.27 e l’art.28 riconoscono il diritto del fanciullo ad un livello di vita sufficiente per consentire lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale e all’educazione.

E’, dunque, lo Stato che si fa carico in primis di quanto necessario ad una crescita equilibrata del minore, con poi diritto di rivalsa su coloro i quali hanno l’obbligo di mantenimento, ovvero i genitori (Cass. Civ. 11.11.2010 n.22909).

La legge minorile all’art.25 dispone, infatti, che “le spese di affidamento o di ricovero, da anticiparsi dall’Erario, sono a carico dei genitori”. Successivamente il DPR 616/1977 art.23 ha spostato la competenza dallo Stato agli enti locali, ovvero i Comuni o le unioni di comuni.

Non è, quindi, più lo Stato, ma l’ente locale tenuto ad anticipare le spese, proprio per garantire la tutela del minore così come detto sopra. Successivamente sarà onere dello stesso Ente rivalersi su chi di dovere, ovvero i genitori o il Comune, dove si dimostra la residenza anagrafica/effettiva.

La normativa regionale (art.13 bis, LR 5/96) e quella nazionale (art.6, comma 4, l.328/2000) sono concordi nell’indicare il Comune di residenza del minore al momento del ricovero in struttura come l’ente tenuto ad assolvere “le prestazioni obbligatorie di natura sociale a favore di cittadini in stato di bisogno ed inseriti presso strutture residenziali”.

Sul concetto di residenza non può che rifarsi alle norme del codice civile, in quanto la residenza ha natura di diritto soggettivo in senso stretto, per cui è una questione civile e non amministrativa (Cons. di Stato IV 18.1.1990, n.14).

Ai sensi, dunque, dell’art.43 c.c. la residenza è una circostanza di fatto, in quanto si identifica con “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Per individuare la residenza è necessaria la sussistenza di un elemento oggettivo (stabile permanenza in un luogo) e soggettivo (volontà della persona di permanervi in modo duraturo). In particolare, all’art.45 c.c. si stabilisce che il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia, ovvero la residenza del minore coincide con quella della sua famiglia, e va intesa come il luogo di vero e proprio domicilio ai sensi e agli effetti dell’art,43 , 1° comma, c.c., vale a dire il luogo ove il minore custodisce e coltiva i suoi più radicati e rilevanti legami affettivi e i suoi reali interessi.

La stessa Convenzione dell’Aja del 5.10.1961, ratificata dall’Italia con la l.742/1980, sulla protezione del minore, all’art. 1 stabilisce che “le autorità giudiziarie e amministrative dello stato di residenza abituale di un minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona e dei suoi beni, sia se i genitori manchino, sia se sono impediti o inidonei”, ove per residenza abituale si intende non la residenza formale ma il territorio dove il minore è presente in modo costante.

Allo stesso modo la giurisprudenza (Cons. di Stato n.2938/95 del 29.1.1998). nel caso in cui una residenza formale della minore o dei genitori non ci fosse o non fosse individuabile, “gli oneri assistenziali saranno a carico del Comune in cui è stato trovato il minore”, ovvero del Comune individuato come “luogo di provvisoria dimora del minore”.

Inoltre, la giurisprudenza civile (Cass. Sez. Un. N.22787/2012) ha stabilito che, pur essendo la residenza anagrafica il criterio principale e prioritario, resta comunque la facoltà del Comune di residenza anagrafica dimostrare che la residenza anagrafica non corrisponda a quella effettiva, cioè che il soggetto, prima del ricovero, aveva deciso di dimorare stabilmente in altro Comune e in concreto vi dimorava.