La residenza del figlio deve essere concordata

29 gen 2015
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Il nuovo art.316 del codice civile prevede che la residenza abituale della prole sia decisa dai genitori “di comune accordo”, in quanto rientra nelle decisioni di maggior interesse per la vita del minore. E proprio per questo, l’accordo su questa scelta ci deve essere anche in caso di disgregazione della famiglia a seguito di divorzio e separazione, sia in caso di affidamento condiviso ex art. 337 bis c.c. sia in caso di affidamento monogenitoriale ex art. 337 quater c.c.

Nel caso in cui ci sia disaccordo è necessario rivolgersi al giudice, per cui la soluzione giusta non può essere rimessa alla decisione del singolo genitore. E questo è il principio previsto anche dal regolamento europeo 2201/2003.

Il trasferimento unilaterale è, dunque, illecito, ovvero non riceve riconoscimento e non produce effetti giuridici, per cui non vale a radicare la competenza territoriale del giudice del luogo in cui il figlio è stato portato. Competente a decidere è l’autorità giudiziaria in cui il minore aveva la residenza abituale prima del trasferimento.

O meglio, non rileva il luogo in cui si trova il minore al momento della presentazione del ricorso, se tale luogo non corrisponde alla sede prevalente dei suoi interessi e affetti, ma è unicamente il frutto di uno spostamento unilaterale, contingente e recente (Cass. civ. sez. I, 19 luglio 2013, n.17746, Cass. civ. sez. unite, 28 maggio 2014, n.11915).

Recentemente, però, la Cassazione (Cass. civ. sez. VI-I, 5 settembre 2014, n.18817) ha deciso diversamente, ovvero ha giudicato competente il giudice del luogo in cui il figlio si era da pochissimi giorni traferito con la madre, in seguito ad una scelta unilaterale di quest’ultima, in quanto ha ritenuto tale allontanamento “privo di qualsiasi carattere di precarietà“. Ha prevalso, dunque. il criterio della precarietà rispetto a quello della liceità.