La residenza abituale del minore

29 gen 2015
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Con la recente riforma del diritto di famiglia e la precedente l.54/06, l’interesse della prole ha assunto maggiore centralità rispetto alle conseguenze della disgregazione del rapporto di coppia (Cass. Civ. 10 maggio 2011, n.10265). Questa centralità del minore è anche una risposta alle sollecitazioni a livello europeo e internazionale di facilitare l’accesso dei minori al Tribunale e a rimuovere ogni ostacolo che metta a rischio di compromissione il loro diritto di partecipare al procedimento che li riguarda.

Di qui la scelta, sul piano processuale, della giurisprudenza maggioritaria di istituire una competenza territoriale di favore per il minore, individuata, per l’appunto, sulla base del criterio di vicinanza geografica, nel luogo di residenza abituale del soggetto incapace nel momento in cui si propone il ricorso. Il termine “residenza abituale” (chiamata anche residenza affettiva e psicologica) non coincide con il concetto di domicilio e di residenza anagrafica. Si tratta, invece, del luogo in cui il minore, in virtù di una stabile e durabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione. E’ il luogo dove il minore costudisce i suoi più radicali legami affettivi ed i principali e reali interessi (scuola, amicizie, congiunti significativi, riferimenti spaziali e temporali costitutivi delle sue esperienze basilari).

Viene così riconosciuto il cd. foro del minore, in deroga ai principi generali. Altra questione è il trasferimento unilaterale della prole e il cd. forum shopping.