Diritto del figlio maggiorenne ad abitare nella casa familiare

8 nov 2018
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La questione è la seguente: fino a che età un figlio maggiorenne può pretendere di abitare nella casa familiare di proprietà dei genitori?

E’ noto che l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, così come l’assegnazione della casa coniugale nel loro interesse, non cessa con il raggiungimento della maggiore età, ma con il raggiungimento dell’autonomia economica o, quando messo nelle condizioni di addivenire alla propria indipendenza economica, il figlio non ne abbia tratto profitto per sua colpa o per inescusabile trascuratezza e negligenza, in forza del principio dell’autoresponsabilità.

L’ordinamento non pone, dunque, alcun termine finale. Il giudice è tenuto a valutare caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari, perché tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e misura (Cass. 18076/2014), scoraggiando comportamenti parassitari.

Nel caso in cui al figlio venisse negato il diritto all’abitazione, quale componente del diritto al mantenimento, bisogna verificare se tale diritto non rientri nel diritto agli alimenti.

L’obbligazione alimentare (ex art. 443 c.c.) costituisce una sorta di obbligazione alternativa che può essere adempiuta, a scelta del soggetto obbligato, o mediante un assegno periodico o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che ne ha diritto. Nessun giudice può comunque imporre all’obbligato di fornire vitto ed alloggio in luogo della generica somma di denaro.

Il diritto di abitazione può nascere anche in base ad un atto di autonomia privata tra le parti. Il più delle volte la fattispecie si fa rientrare nello schema del comodato, che può essere di due tipi: a tempo determinato e/o per un determinato uso (art.1809 c.c.9 o senza determinazione di tempo, cd. precario (art.1810 c.c.).

Il rapporto giuridico tra genitore proprietario esclusivo dell’immobile e il figlio maggiorenne, che non ha più diritto al mantenimento ma continui ad abitare nella casa familiare, senza versare un canone, rientra nel secondo caso e spesso viene concluso senza formalità ma per fatti concludenti, in virtù di un rapporto di solidarietà e affetto familiare.

In forza di ciò, i figli maggiorenni, dunque, non possono essere spogliati con una repentina estromissione da parte del proprietario, in quanto (così come i conviventi more uxorio) non sono dei meri ospiti ma dei detentori qualificati, e pertanto legittimati ad esperire azione di reintegrazione nel possesso in caso di spoglio. Tuttavia non possono opporre alcun diritto incondizionato di permanere nell’abitazione contro la volontà del legittimo proprietario, ovvero dei genitori.