Assegno di divorzio alla luce delle Sezioni Unite

3 ago 2018
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Anche dopo le novità giurisprudenziali degli ultimi anni, rimane ferma la differente natura tra l’assegno in sede di separazione e in sede di divorzio, sicché quest’ultimo è indipendente dal primo rispondendo a criteri sostanziali diversi. In particolare, il criterio del tenore di vita in costanza di matrimonio è stato definitivamente abbandonato, in quanto la funzione dell’assegno di divorzio non è finalizzata alla ricostruire il tenore di vita endoconiugale.

 

Questa visione è stata confermata anche dalle ultime Sezione Unite, 11 luglio 2018 n. 18287, che hanno meglio specificato la natura dell’assegno di divorzio, confermandone la funzione assistenziale, ma riconoscendo anche la funzione perequativa-compensativa.

 

Le Sezioni Unite hanno fatto proprio, da una parte, l’esigenza di attualizzare il riconoscimento dell’assegno di divorzio agli standard europei, così come richiamati dalla Cass. 11504 del 2017 e, dall’altro, la necessità di valutare il caso concreto ovvero di riequilibrare la situazione tra gli ex coniugi, secondo il passato orientamento delle Sezioni Unite 11490 del 1990.

 

Secondo tale interpretazione, i principi della Costituzione, quali quello di libertà, autoresponsabilità, pari dignità e solidarietà sono alla base del riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio. Questi principi impongono, infatti, che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi e all’incapacità di procurarseli non sia ancorato a criteri astratti (quali autosufficienza economica), ma “deve essere calato nel contesto sociale del richiedente, un contesto composito formato da condizioni strettamente individuali e da situazioni che sono la conseguenza della relazione coniugale, specie se di lunga durata e specie se caratterizzata da uno squilibrio nella realizzazione personale e professionale fuori dal nucleo familiare”. In definitiva, il criterio dell’adeguatezza non deve trascurare di considerare l’incidenza della relazione matrimoniale sulla condizione attuale.

 

Secondo, quindi, le Sezioni Unite, si deve abbandonare la rigida distinzione tra le due fasi, quella dell’an e quella del quantum. L’accertamento dell’adeguatezza avviene attraverso i criteri di cui alla prima parte dell’art.5, comma 6, ovvero tramite una valutazione integrata che “deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente”.
La valutazione, dunque, non potrà che partire dalla comparazione effettiva delle condizioni economico-patrimoniali alla luce delle cause che hanno creato l’attuale situazione di disparità.

 

Ne consegue che l’accertamento probatorio da parte del giudice debba essere rigoroso del rilievo causale degli indicatori sopra citati sull’attuale squilibrio tra gli ex coniugi.