Casa familiare e rimborso del mutuo

15 gen 2021
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Fa nuovamente discutere l’annosa questione della casa familiare e dei soldi in essa investiti dai coniugi una volta che questi si separano.

IL CASO: Paolo e Carla si sposano in regime di comunione legale nel 2007 e durante il matrimonio, nel 2010, acquistano un immobile, che adibiscono a casa familiare, intestandolo solo a Carla e dichiarando che è un suo bene pesonale, ex art.179 c.c. lett. f. Dopo la separazione nel 2018, Paolo chiede a Carla la restituzione di circa 40.000,00 €, che egli aveva pagato in rate trimestrali per l’estinzione del mutuo intestato a Carla, motivando che in capo a quest’ultima ci sarebbe stato indebito arricchimento ex art.2041 c.c. Carla riconosce che Paolo ha versato la suddetta somma, ma ritiene che tale somma non debba essere restituita in quanto la spesa è stata sostenuta da Paolo per soddisfare i bisogni della famiglia e dunque nell’interesse della famiglia stessa.

Con la decisione del 14.11.2019, il Tribunale di Bolzano stabilisce che, avendo Paolo e Carla convissuto nella casa per sette anni, la cifra pagata da Paolo è da considerarsi una contribuzione familiare, per cui nulla gli è dovuto da Carla. Per arrivare a tale conclusione, il giudice esegue il seguente calcolo: la divisione della somma sborsata per i mesi di coabitazione nella casa familiare. Da questo conteggio risulta che Paolo ha contribuito con un importo mensile che è adeguato al suo reddito e non eccede i limiti di normalità e proporzionalità, tenuto conto della situazione economica di Paolo e del canone mensile, che quest’ultimo avrebbe dovuto pagare per un alloggio in provincia di Bolzano.

In tema di attribuzioni patrimoniali tra coniugi ci sono diverse casistiche.

La prima distinzione da fare è se l’attribuzione rientra o meno nella comunione legale. In caso affermativo, si applicherà l’art. 192 c.c. In caso negativo, come in questo esempio, si deve ricorrere alle norme generali sulla ripetizione.

Nel caso della richiesta di ripetizione di quanto pagato, come bisogna procedere.

1) Bisogna verificare se il coniuge che ha fatto l’esborso era mosso da intento liberale. La liberalità deve essere provata e non se ne presume la sussistenza per il solo fatto che manca un corrispettivo o per il vincolo coniugale. Non è sempre facile in ambito matrimoniale riuscire a dimostrare che l’atto è compiuto per pura liberalità, per la complessità di obblighi di natura non solo giuridica, ma anche morale e sociale che esistono tra marito e moglie.

In particolare, però, quando si tratta di esborsi ingenti, come quello per la casa familiare, l’intento liberale viene escluso proprio perchè è evidente l’interesse anche personale, del coniuge che ha contribuito economicamente, a vivere nell’immobile.

2) Se non c’è l’intento liberale, è necessario verificare se l’eborso è ripetibile, sulla base dei criteri di proporzionalità ed adeguatezza rispetto al patrimonio del coniuge che ha pagato.

Siccome durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in proporzione alla proprie sostanze, con la separazione non sussiste il diritto al rimborso per le spese sostenute per i bisogni della famiglia, purchè tali spese si mantengano nei limiti della normalità e proporzionalità, in ragione dell’entità del patrimonio e delle condizioni sociali del coniuge che ha sostenuto la spesa (Cass. civ. n.10927 del 2018).

E su questo passaggio la giurisprudenza è spesso difforme: una parte ritiene che la somma sia irripetibile, così come nella decisione sopra riportata, un’altra parte, invece, che la somma sia in parte non ripetibile, rientrando nell’obbligo di contribuzione, e in parte ripetibile, quale arricchimento dell’altro coniuge.

Uno dei criteri utilizzati per valutare la proporzionalità è sicuramente la durata dell’utilizzo da parte della coppia dell’immobile, e di conseguenza il risparmio di spesa che ne è derivato per il coniuge non proprietario. Diversamente, si verrebbe a danneggiare il coniuge proprietario, il quale, dopo aver ospitato gratuitamente l’altro coniuge, si troverebbe a pagare delle somme ingenti.

Il coniuge, quindi, che vada oltre le sue possibilità con un determinato esborso, avrà diritto alla ripetizione delle somme, quando ad es. il matrimonio abbia avuto una breve durata o l’immobile non sia stato utilizzato.

Ad esempio, la Cass. civ. n.14732 del 2018 riconosce il diritto al rimborso delle somme versate dall’ex convivente per la ristrutturazione della casa su terreno dell’altro, in quanto i conferimenti erano stati fatti sulla base del progetto comune di costruire un’abitazione ove andare a convivere, cosa che poi non è stata in quanto la coppia si è separata.