Assegno di mantenimento, assegno di divorzio e alimenti

8 nov 2018
6tag_211017-140400

Nel linguaggio comune assegno di mantenimento, assegno di divorzio e alimenti vengono spesso usati come sinonimi, ma dalla legge sono invece ben distinti.

ASSEGNO DI MANTENIMENTO: è attribuito in sede di separazione in favore del coniuge più debole, ovvero che non ha adeguati mezzi per condurre una vita simile a quella condotta durante il matrimonio, sempre che non gli sia stata addebitata la separazione. La sua funzione è quella di non stravolgere totalmente lo stile di vita del coniuge separato cercando, se possibile, di mantenere un tenore di vita paragonabile a quello precedente. I criteri per la determinazione di tale somma sono: la durata del matrimonio, a chi è stata assegnata la casa in ragione dei figli, eventuali nuove convivenze, le capacità di produrre reddito che il beneficiario aveva già prima della separazione. I motivi di esclusione: addebito della separazione, adeguati redditi propri, reddito molto basso di chi dovrebbe essere l’obbligato al mantenimento. Preciso che il coniuge conserva i diritti successori, salvo che la separazione non sia a lui addebitabile, mentre conserva sempre il diritto alla reversibile della pensione. Inoltre, l’assegno di mantenimento è fiscalmente deducibile per il coniuge onerato mentre costituisce reddito per il coniuge beneficiario.

ASSEGNO ALIMENTARE: è dovuto dal coniuge separato, e non da quello divorziato, qualora l’altro versi in una situazione di grave indigenza e non sia in grado di provvedere a procurarsi i minimi mezzi di sopravvivenza, non per sua colpa. La funzione è quindi esclusivamente assistenziale, a prescindere dall’addebito della separazione. L’assegno viene quantificato in proporzione del bisogno di chi domanda, senza superare quanto necessario alla vita avendo riguardo alla sua posizione sociale, e delle condizioni economiche di chi deve somministrarlo. Nella pratica non è dovuto se già c’è un assegno di mantenimento, a meno che tale somma sia talmente bassa da non riuscire a far fronte alle minime esigenze di vita. Se tale assegno non può essere versato dal coniuge sono tenuti nell’ordine: figli, nipoti (ovvero figli dei figli), genitori, nonni, generi e nuore, suocero e suocera, fratelli e sorelle di chi ne ha bisogno.

ASSEGNO DI DIVORZIO: è attribuito in sede di divorzio, che, diversamente dalla separazione, fa cessare definitivamente il matrimonio. La natura, quindi, di tale assegno è ben diversa: riequilibrare i rapporti tra le parti (non più coniugi) in relazione al contributo dato da ciascuno alla vita familiare, ovvero una funzione compensativa e perequativa, oltre che assistenziale. Il tenore di vita goduto durante il matrimonio non è più un criterio per determinare l’ammontare dell’assegno, così come non lo è la sola autosufficienza della parte richiedente l’assegno. I criteri sono dunque i seguenti (art.5, comma 6, legge sul divorzio): condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio. Sulla base di questi criteri, valutati caso per caso senza automatismi, il giudice dovrà stabilire o meno un assegno a favore della parte che non ha redditi adeguati e che non ha la possibilità di procurarseli. Anche l’assegno di divorzio è fiscalmente deducibile per l’onerato e costituisce reddito per il beneficiario. Con il riconoscimento dell’assegno di divorzio derivano i seguenti benefici: se il beneficiario è in stato di bisogno, un assegno periodico a carico dell’eredità; se il beneficiario non è passato a nuove nozze, una percentuale dell’indennità di fine rapporto; una quota della pensione di reversibilità.