Accertamenti patrimoniali

29 lug 2016
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Il giudice della separazione e del divorzio, già nella prima fase presidenziale, può assumere d’ufficio mezzi di prova, anche, quindi, in assenza di una specifica domanda di parte. La riforma del 2006 e la recente riforma sulla filiazione del 2012 hanno potenziato tale potere in sede di separazione:

  • l’art.706, comma 3, c.p.c. impone alle parti di allegare al ricorso e alla memoria difensiva le ultime dichiarazioni dei redditi
  • l’art. 337-ter, comma 6, c.c. autorizza il giudice a disporre l’accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto di contestazione, anche se intestati a soggetti terzi, nel caso in cui le informazioni di carattere economico non risultino sufficientemente documentate;
  • l’art.337-octies c.c. prevede che prima dell’emanazione dei provvedimenti relativi all’affidamento dei figli il giudice può assumere, anche d’ufficio, mezzi di prova.

In sede di divorzio, simili poteri sono previsti dall’art.5, comma 9, legge sul divorzio (con l’obbligo per le parti di presentare la dichiarazione dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune) e la giurisprudenza di legittimità, già prima delle suddette riforme, aveva ritenuto applicabile tale norma anche alla separazione. Un’ulteriore arricchimento dei poteri di indagine del giudice è stato introdotto dalla L. n.162/2014. Il giudice della famiglia può: 1) accedere alle banche dati ai sensi dell’art.155 quinquies disp. att. c.p.c.; 2) ricercare i beni con modalità telematiche, ai sensi dell’art.155 sexies disp. att. c.p.c.; 3) utilizzare le informazioni comunicate dall’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art.7, comma 9, DPR 605 del 1973, ovvero utilizzare il software investigativo che consente di accedere anche ai conti correnti bancari e postali e ai dossier titoli. Il potere del giudice di disporre indagini presuppone essenzialmente due condizioni:

  1. l’incompletezza della documentazione depositata in giudizio;
  2. la contestazione dei redditi indicati da uno dei coniugi da parte dell’altro.

Rimane, però, discrezionalità del giudice decidere se disporre le indagini. C’è, dunque, una mera facoltà e non un dovere nel caso di contestazione. Nella prassi seguita dai tribunali italiani tale potere trova un riscontro insoddisfacente e anche l’obbligo dei coniugi di dichiarare al giudice la consistenza dei rispettivi redditi e patrimoni spesso non è fatto rispettare, se non limitatamente alle ultime dichiarazioni dei redditi. Diversamente si veda: Tribunale di Milano, sez. IX civ., ordinanza del 3 aprile 2015; Tribunale di Torino, sez. VII civ., decreto del 20 maggio 2013; Tribunale di Roma, sez. civ. I, provvedimento del 25 novembre 2011; Tribunale di Monza, 10 gennaio 2012, prot. n.47. Si tenga conto che il Consiglio di Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n.2472 ha stabilito che “il coniuge ha diritto, anche in pendenza del giudizio di separazione e divorzio, di accedere alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell’altro coniuge, detenuta dall’amministrazione finanziaria, al fine di difendere i propri interessi giuridici attuali e concreti”, evidenziando che “la cura e la tutela degli interessi economici e della serenità dell’assetto familiare, soprattutto nei riguardi dei figli minori delle parti in causa” prevale o quantomeno deve essere contemperata con il diritto alla riservatezza dei dati sensibili.